Melinda nomá

Giù dal bus a Puerto Natales, S. quasi non fa nemmeno caso alla dolce vecchina con la faccia impiastricciata di gelato che insieme al gelato si mangia le 4 veloci parole… “blablablabla nomà…” accogliendoci in modo concitato e reggendo con una mano il cono e con l’altra la stampella. Per poi realizzare cinque minuti dopo che si tratta di Melinda, la simpatica signora con cui abbiamo preso accordi via mail, che insieme al marito Luciano è venuta a prenderci alla fermata per condurci al suo dolce nido, un hospedaje familiare.

Con gli occhi ancora pieni delle multicolori casette di Punta Arenas a forma di caramelle sparpagliate per la strada, ci immaginiamo già la piccola dimora di Melinda fatta di cioccolato, con le finestre di nocciola e il tetto di meringa… però avvicinandoci la magica visione svanisce: la premurosa nonnina ci apre la porta della baracca a due pi ani, col tetto spiovente e ricoperta di gialla lamiera, ci scorta nella nostra stanza e poi ahimé ci mostra la cucina a disposizione degli ospiti. Impietriti sulla soglia osserviamo con un sorriso semicongelato questa specie di minuscolo e curioso laboratorio in cui ogni superficie disponibile è ricolma di pentole piatti e stoviglie accatastate (preferibilmente sporche), elettrodomestici unti, avanzi e resti di cibi e ingredienti cotti e crudi, contenitori arrugginiti e scatole delle più varie forme e materiali che traboccano di grasso semisolido e ossa di morti (polli per fortuna, nel migliore dei casi)… un’agghiacciante fucina dei sapori e degli orrori dove, come preciserà con orgoglio la nostra vivace vecchina più tardi, lei e Luciano preparano i succulenti pranzetti al gruppo di operai in trasferta che condividono la malasorte o la fortuna (dipende dai punti di vista) di sedersi attorno alla sua tavola. Difficile per noi farsi venire l’infelice idea di utilizzare quella cucina, anzi già temiamo di far la fine di Hansel e Gretel…

Be’ però in compenso abbiamo una stanza tutta nostra con bagno privato e quindi… subito docciaaa!!! con ben doppia scelta: temperatura da ustione o shock termico da congelamento. Il risveglio dei sensi è assicurato, adesso ci diamo da fare per ambientarci. Anzitutto, questi due ragazzi in sala da pranzo che trafficano con il pc e gli zainoni: sono Benoit e Anais, sono francesi, fanno in 6 mesi il tour del Sudamerica e stanno per imbarcarsi sulla nave della compagnia Navimag che ogni settimana percorre verso nord, in 4 notti e tre giorni, qualche migliaio di km di fiordi della costa cilena, da qui fino a Puerto Montt. La chiacchierata con loro quasi quasi ci convince che questa sia una migliore alternativa rispetto alle 48 ore di autobus che invece aspettano noi lungo il glorioso sterrato della mitica Ruta 40 argentina. Mmm… selvaggi fiordi glaciali contro piatta steppa noiosa… una semi-crociera (quasi) all-inclusive contro due giorni e due notti di scossoni, polvere e sedili scomodi… qualche suggestione, qualche ricerca… un rapido calcolo di costi, tempi e itinerari… e suvvia, tolto ogni indugio, è deciso, via dritti dritti alla biglietteria pure noi: e ora abbiamo due posti nelle economiche e temibili cabine da 24 persone, cuccetta più cuccetta meno, salpiamo tra una settimana esatta!

Sistemato il programma del futuro remoto, dedichiamoci pure alle tappe forzate per l’immediato – ora abbiamo sei giorni nomàs per visitare il famoso parco Torres del Paine, qui vicino, e il Parque Los Glaciares, poco più a nord in Argentina.

Per il primo, scegliamo una breve escursione di un giorno, però non vogliamo fare i vecchietti scarrozzati a guardare il panorama dal finestrino del bus nel classico tour organizzato: molto meglio l’opzione “gggiovani”, biglietto d’autobus per il mattino presto, scarpe da trekking e zainetto, e via a camminare nella natura! Ci spariamo così ben 4 ore di scarpinata in salita attraverso la parte della riserva per fortuna non interessata dall’incendio che ne sta devastando migliaia di ettari (da dove siamo, il fumo si vede ancora bene).  Il meteo ci è clemente, finalmente una giornata di sole pieno senza nuvole né troppo vento, e pazienza se abbiamo gli zainetti pieni di tutta la roba pesante a disposizione (con il freddo patito nei giorni passati, non ci era parsa eccessiva prudenza). Il nostro traguardo per oggi è il Mirador de Las Torres, e lo conquistiamo non senza fatica (siamo decisamente fuori allenamento entrambi) vincendo l’ultimo pezzo di sentiero, ripido e pietrazzonato, dietro il quale prende forma una nuvola d’acqua color carta di zucchero sospesa nel tempo e circondata da enormi denti di granito con vette quasi 2000 metri più in alto. La laguna turchese lambita dal ghiacciaio, il silenzio magico, le guglie di roccia che guardano lassù, la luce cristallina… il bacio appassionato fra cielo e terra.

Ma ora basta sognare!!! L’estasi si sgretola all’istante di fronte a 3 ore di durissima discesa… S. scende zoppicando agilmente causa improvviso quanto inaspettato cedimento del ginocchio, ma alla fine ci arriviamo a valle, stanchi, sani, salvi e in tempo per il bus di ritorno a Puerto Natales.

Però una volta in casa alla nostra eroina con i legamenti di pastafrolla non la ferma più nessuno: ormai ci siam fatti passare le riserve sulla cucina sconfiggendo la repulsione a colpi di buste di immondizia, strigliate e olio di gomito, e dopo le bietole alla sua moda questa è la volta di un’ottima pasta ai frutti di mare (cozze e vongole in scatola??? che delitto per una salentina). Il risultato alla fine non è niente male, e anche la signora Melinda, accettando di buon grado l’invito a condividere, si lecca i baffi (e il neo) mentre ci illustra tutti i variopinti pacchetti turistici a sua disposizione. S. però è più interessata a scoprire se è vero che ci sono dei puma in questa zona: dal lavandaio ha visto un manifesto / avviso con le misure da adottare in caso di avvistamento di un esemplare, e ora Melinda sorride compiaciuta raccontando che nel parco Torres del Paine un pescatore di recente è stato attaccato alle spalle da un puma, e non ha fatto una bella fine. Poi aggiunge “nosotros enviamos a los turistas al parque y cuando tardan en regresar decimos que se les comiò el puma nomà!” ridendo di gusto… satanello!

Nota glottologica: “nomás” (da queste parti spesso pronunciato “nomà”) è una locuzione che in Cile si usa parecchio e che al termine di una frase o di un’esortazione equivale grosso modo ai nostri “pure”, “sùbito”, “appena”, “solo”, “e basta”… ma di certo vuol dire anche molte altre cose che ancora non sappiamo.

Qui qualche foto della nostra camminata nel parco Torres del Paine.

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